La normativa di merito si discosta, seppur leggermente, da quella in materia meramente nazionale. La Convenzione de l’Aja sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale, firmata il 29 maggio 1993, è la principale fonte di riferimento.
L’Italia ha aderito nel 1998 con la legge n. 476 che ha modificato, adeguandola, la legge n.184/1983.
Anche in materia di adozione internazionale, il principio che sta alla base delle citate norme è uno solo: il principio di sussidiarietà. L’adozione resta sempre l’ultima opzione per dare dei genitori ad un bambino; a maggior ragione, nel caso dell’adozione internazionale, la soluzione preferibile sarebbe quella di trovare una famiglia nel Paese di origine.
Lo spirito solidaristico che sta alla base della scelta dev’essere molto forte.
La principale differenza rispetto alla procedura nazionale consiste nel maggior peso dato alle considerazioni dello Stato estero scelto per l’adozione. Il decreto di adottabilità, infatti, viene emesso dalle autorità straniere competenti; inoltre le stesse, hanno competenza per una buona parte della procedura d’adozione.
Rispetto alla citata normativa, poi, è utile considerare anche l’esistenza di eventuali convenzioni specifiche in materia tra i due Paesi.
Per quanto riguarda i requisiti richiesti agli aspiranti genitori, questi rispecchiano quelli già ricordati e previsti per l’adozione nazionale dall’art. 6 l.184/1983 dunque: l’essere uniti in matrimonio da almeno tre anni; una differenza d’età minima di diciotto anni e massima di quarantacinque con l’adottando; ed essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere la prole attraverso la verifica dei servizi sociosanitari di competenza.
Anche la documentazione necessaria ricalca quella descritta nell’articolo precedente, quindi: fotocopia del documento d’identità degli istanti; certificati di nascita degli istanti; certificato di residenza degli istanti e stato di famiglia; certificato di matrimonio; dichiarazione sostitutiva da parte dei coniugi che non vi è separazione di fatto, né che pende giudizio di separazione; dichiarazione di assenso da parte dei genitori dei coniugi (o certificato di morte); certificato medico di base di sana costituzione psico-fisica; certificati economici mod.101, mod.740 o busta paga; certificato del Casellario giudiziale degli istanti.
Una volta ottenuto il decreto di idoneità da parte del Tribunale dei Minori, ed entro un anno dalla sua emissione, deve iniziare la fase della “ricerca”.
A differenza della procedura nazionale, dove l’autorità giudiziaria ha un maggior peso nell’accoppiamento, qui i futuri genitori hanno un prevalente potere discrezionale.
Infatti è possibile scegliere il Paese in cui si vuole adottare, sempre tenendo ben presente che l’adozione non è una “scelta” tra un bambino o un altro ma un atto di solidarietà e accoglienza.
Elemento essenziale di questa fase è la necessaria assistenza di un Ente autorizzato, iscritto in un apposito Albo presso il Comitato Adozioni Internazionale (CAI), la cui funzione, riportando la descrizione ufficiale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è di “Informare, formare, affiancare i futuri genitori adottivi nel percorso dell'adozione internazionale e curare lo svolgimento all'estero delle procedure necessarie per realizzare l'adozione; assistendoli davanti all'Autorità Straniera e sostenendoli nel percorso post-adozione”.
Ciascun Ente è specializzato nelle procedure d’adozione in diversi Paesi, la maggior parte dei quali tra i meno economicamente sviluppati, ed è qui che si inserisce la scelta dei futuri genitori verso il Paese di provenienza del minore.
Altra peculiarità del procedimento d’adozione internazionale sono gli incontri con i minori all’estero.
L’autorità straniera di competenza, la stessa che ha decretato lo stato di adottabilità del bambino/a, li fissa sulla base delle sue caratteristiche e necessità anche grazie alle indicazioni dell’Ente che coadiuva i richiedenti.
E’ l’aspetto questo forse più dispendioso dell’intero procedimento, sia dal punto di vista economico, sia materiale.
Ove gli incontri si concludessero positivamente, passando al vaglio delle autorità del Paese d’origine e dell’Ente autorizzato che stilerà apposita relazione, la Commissione per le Adozioni Internazionali provvederà ad autorizzare l’ingresso e la permanenza del minore in Italia per il periodo di pre-affido, durante il quale godrà di tutti i diritti attribuiti al minore italiano in affidamento familiare.
Una volta conclusosi anche il periodo di pre-affidamento in Italia, la cui durata rispecchia il procedimento d’adozione nazionale ed è dunque di circa un anno, il Tribunale dei Minori del luogo di residenza dei genitori, ordinerà la trascrizione nei registri dello stato civile del provvedimento d’adozione, concludendo l’intero procedimento e concedendo al bambino la cittadinanza italiana.
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La normativa di merito si discosta, seppur leggermente, da quella in materia meramente nazionale.
La Convenzione de l’Aja sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale, firmata il 29 maggio 1993, è la principale fonte di riferimento.
L’Italia ha aderito nel 1998 con la legge n. 476 che ha modificato, adeguandola, la legge n.184/1983.
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Anche in materia di adozione internazionale, il principio che sta alla base delle citate norme è uno solo: il principio di sussidiarietà. L’adozione resta sempre l’ultima opzione per dare dei genitori ad un bambino; a maggior ragione, nel caso dell’adozione internazionale, la soluzione preferibile sarebbe quella di trovare una famiglia nel Paese di origine.
Lo spirito solidaristico che sta alla base della scelta dev’essere molto forte.
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http://www.avvocatomicheloni.com/wp-content/uploads/2016/11/adozione-internazionale2.jpg
http://www.avvocatomicheloni.com/wp-content/uploads/2016/11/adozione-internazionale1.jpg
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La principale differenza rispetto alla procedura nazionale consiste nel maggior peso dato alle considerazioni dello Stato estero scelto per l’adozione.
Il decreto di adottabilità, infatti, viene emesso dalle autorità straniere competenti; inoltre le stesse, hanno competenza per una buona parte della procedura d’adozione.
Rispetto alla citata normativa, poi, è utile considerare anche l’esistenza di eventuali convenzioni specifiche in materia tra i due Paesi.
Per quanto riguarda i requisiti richiesti agli aspiranti genitori, questi rispecchiano quelli già ricordati e previsti per l’adozione nazionale dall’art. 6 l.184/1983 dunque: l’essere uniti in matrimonio da almeno tre anni; una differenza d’età minima di diciotto anni e massima di quarantacinque con l’adottando; ed essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere la prole attraverso la verifica dei servizi sociosanitari di competenza.
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Anche la documentazione necessaria ricalca quella descritta nell’articolo precedente, quindi: fotocopia del documento d’identità degli istanti; certificati di nascita degli istanti; certificato di residenza degli istanti e stato di famiglia; certificato di matrimonio; dichiarazione sostitutiva da parte dei coniugi che non vi è separazione di fatto, né che pende giudizio di separazione; dichiarazione di assenso da parte dei genitori dei coniugi (o certificato di morte); certificato medico di base di sana costituzione psico-fisica; certificati economici mod.101, mod.740 o busta paga; certificato del Casellario giudiziale degli istanti.
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Una volta ottenuto il decreto di idoneità da parte del Tribunale dei Minori, ed entro un anno dalla sua emissione, deve iniziare la fase della “ricerca”.
A differenza della procedura nazionale, dove l’autorità giudiziaria ha un maggior peso nell’accoppiamento, qui i futuri genitori hanno un prevalente potere discrezionale.
Infatti è possibile scegliere il Paese in cui si vuole adottare, sempre tenendo ben presente che l’adozione non è una “scelta” tra un bambino o un altro ma un atto di solidarietà e accoglienza.
Elemento essenziale di questa fase è la necessaria assistenza di un Ente autorizzato, iscritto in un apposito Albo presso il Comitato Adozioni Internazionale (CAI), la cui funzione, riportando la descrizione ufficiale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è di “Informare, formare, affiancare i futuri genitori adottivi nel percorso dell’adozione internazionale e curare lo svolgimento all’estero delle procedure necessarie per realizzare l’adozione; assistendoli davanti all’Autorità Straniera e sostenendoli nel percorso post-adozione”.
Ciascun Ente è specializzato nelle procedure d’adozione in diversi Paesi, la maggior parte dei quali tra i meno economicamente sviluppati, ed è qui che si inserisce la scelta dei futuri genitori verso il Paese di provenienza del minore.
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Altra peculiarità del procedimento d’adozione internazionale sono gli incontri con i minori all’estero.
L’autorità straniera di competenza, la stessa che ha decretato lo stato di adottabilità del bambino/a, li fissa sulla base delle sue caratteristiche e necessità anche grazie alle indicazioni dell’Ente che coadiuva i richiedenti.
E’ l’aspetto questo forse più dispendioso dell’intero procedimento, sia dal punto di vista economico, sia materiale.
Ove gli incontri si concludessero positivamente, passando al vaglio delle autorità del Paese d’origine e dell’Ente autorizzato che stilerà apposita relazione, la Commissione per le Adozioni Internazionali provvederà ad autorizzare l’ingresso e la permanenza del minore in Italia per il periodo di pre-affido, durante il quale godrà di tutti i diritti attribuiti al minore italiano in affidamento familiare.
Una volta conclusosi anche il periodo di pre-affidamento in Italia, la cui durata rispecchia il procedimento d’adozione nazionale ed è dunque di circa un anno, il Tribunale dei Minori del luogo di residenza dei genitori, ordinerà la trascrizione nei registri dello stato civile del provvedimento d’adozione, concludendo l’intero procedimento e concedendo al bambino la cittadinanza italiana.
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