In caso di separazione, ogni determinazione (sia essa frutto di accordo tra i genitori oppure statuita da un giudice) riguardante l'affidamento, il collocamento ed il mantenimento dei figli piccoli ha sempre come focus il preminente interesse del minore. Di norma, salve circostanze eccezionali, i figli piccoli vengono collocati prevalentemente presso la madre, in ragione del naturale attaccamento alla stessa soprattutto nei primi anni di vita.
Nel caso di separazione con figli sia minori che maggiorenni, vale sempre la regola per cui, nella determinazione delle condizioni relative al loro affidamento, collocamento e mantenimento si deve avere come focus l'interesse dei figli. Per i figli maggiorenni è consentita una certa autodeterminazione quanto alla scelta del genitore con cui abitare; con riguardo agli aspetti economici, i figli pur maggiorenni ma non economicamente autosufficienti hanno diritto ad essere mantenuti dai genitori, con onere ripartito tra gli stessi in base alle rispettive capacità.
Per affrontare questo argomento è necessario fare una distinzione tra affidamento esclusivo ad uno dei coniugi e affidamento congiunto.
Nell’ambito dell’affidamento esclusivo, non vi è un divieto al cambio di residenza del genitore affidatario, il quale ha diritto di stabilire la propria residenza all’estero e di portare con sé il figlio minore. Lo prevede espressamente l’art. 21 della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 insieme a varie pronunce della Suprema Corte (Cass. Pen. 29 luglio 2008 n. 31717) che hanno considerato legittimo l’esercizio del diritto dell’affidatario di cambiare la propria residenza. Il genitore non affidatario non può impedire che il genitore affidatario porti con sé il minore all’estero stabilendone la residenza. Non può nemmeno pretendere l’immediato rientro del minore nello Stato. Il suo “potere” è limitato alla richiesta presso l’autorità competente di adoperarsi affinché egli possa esercitare il proprio diritto di visita senza ostacoli. Nella situazione in cui, invece, a trasferirsi con il minore sia il genitore avente solo il diritto di visita, il genitore affidatario potrà validamente rivolgersi al Tribunale competente per ottenere il ritorno in patria del minore.
Nel caso dell’affidamento congiunto, in passato sono sorti alcuni dubbi sulla possibilità del trasferimento all’estero di uno dei coniugi. Il problema risiede nel potere condiviso da entrambi i genitori circa le decisioni riguardanti il minore; in definitiva è il Giudice a valutare la situazione scegliendo la soluzione più consona per il minore. In conclusione, nei casi di trasferimento all’estero, è sempre da preferire un accordo dei coniugi soprattutto se genitori. A fronte di contrasto, il trasferimento all’estero da parte di uno dei due coniugi, si può comunque effettuare, previa autorizzazione del Giudice Tutelare; è compito del Giudice trovare la soluzione più idonea alla tutela del minore, fermo restando il dovere dei genitori nel valutare le esigenze dei propri figli.
In caso di divorzio (o di separazione) dei genitori, fratelli e sorelle devono restare insieme. Questo, il principio stabilito nell’ordinanza n. 12957 del 24 maggio 2018 della Corte di Cassazione che ha ribadito il seguente principio di diritto: “La tutela del diritto fondamentale di sorellanza e fratellanza impone che, in caso di separazione dei genitori, i fratelli e le sorelle debbano essere collocati presso il medesimo genitore, salvo che emerga la contrarietà in concreto di tale collocamento al loro interesse”.
Stante la piena equiparazione dei figli adottati ai figli naturali (o biologici), in caso di separazione dei genitori le determinazioni riguardanti l’affidamento, il collocamento e il mantenimento dei figli adottivi seguiranno le medesime regole che si applicano in caso di filiazione naturale. Quanto alla possibilità di revoca dell’adozione, nel caso di adozione legittimante, i figli adottivi hanno lo stesso status giuridico dei figli naturali; pertanto, in caso di separazione dei geni-tori, per i figli adottivi valgono le medesime norme previste in generale. La revoca dell’adozione è una possibilità prevista dalla legge 184/1983, ma soltanto in casi particolari: quindi non in presenza di adozioni legittimanti. La revoca può essere promossa esclusi-vamente dal Pubblico Ministero e solo nei casi particolari previsti dagli articoli 51, 52 e 53 della legge 184/1983: (i) per la cd. “indegnità”, (ii) nei casi in cui l’adottato maggiore di 14 anni abbia attentato alla vita di uno o di entrambi gli adottanti, dei loro discendenti o ascendenti oppure si sia reso colpevole “verso di loro di delitto punibile con pena restrittiva della libertà personale non inferiore nel minimo a tre anni”, (iii) nei casi di violazione dei doveri incombenti sugli adottati. In nessun caso, quindi, la sola separazione dei genitori adottivi può portare alla revoca dell’adozione.