Per prima cosa è utile fare una doverosa premessa: non esiste, per gli aspiranti genitori, un diritto ad adottare, bensì, solamente il diritto del minore ad avere una famiglia.
Sostanzialmente l’adozione consiste, almeno in prima battuta, nella dichiarazione di disponibilità ad adottare un bambino/a, chiedendo al contempo che venga accertata l’idoneità a tal fine dei futuri genitori.
L’interesse preminente, fulcro dell’intero procedimento d’adozione, è naturalmente quello del minore; le sue caratteristiche e necessità sono l’ago della bilancia che faranno da discrimen tra un esito positivo del processo o meno.
Ad oggi, le richieste per adozioni nazionali nel nostro Paese sono molto elevate, esiste una elevata disparità tra il numero di coppie che danno la loro disponibilità ed il numero di minori adottabili. Bisogna precisare infatti che non tutti i bambini attualmente ospitati da istituti e comunità sono passibili di adozione (molti di essi infatti, sono in attesa di ritorno nella famiglia di origine, previa regolarizzazione socio-economica della stessa), ovvero sono affetti da handicap più o meno gravi e necessitano dunque di attenzioni specifiche.
La principale normativa che regola le adozioni in Italia è costituita dalla Legge 4 maggio 1984 n. 184 e dalla Legge n.149 del 2001.
Il principio giuridico e morale che sta alla base di entrambe è l’interesse ed il benessere del minore, e considera l’adozione come l’extrema ratio, da prendere quindi in considerazione ove non sia più possibile mantenere il bambino/a nella sua originaria cornice affettiva.
Una domanda a questo punto sorge spontanea, in merito a chi debba decidere quando un minore sia adottabile.
La competenza spetta al Tribunale per i Minori del distretto in cui si trova il minore, che ha l’onere di accertare lo stato d’abbandono del futuro adottato, facendone seguito con l’emissione di un decreto di adottabilità.
Il Tribunale ha altresì competenza a valutare l’idoneità della coppia che dà la propria disponibilità ad accogliere il bambino/a all’interno del proprio nucleo familiare; ai sensi dell’art. 27 l.184/1983, infatti, “l’adozione fa assumere, al minore adottato, lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dei quali porterà anche il cognome”.
Venendo ora ai requisiti richiesti agli aspiranti genitori, l’art. 6 l.184/1983 dispone che essi siano uniti in matrimonio da almeno tre anni (o per un periodo anche inferiore, purché abbiano convissuto continuativamente prima del matrimonio per almeno tre anni), devono inoltre essere ritenuti idonei all’istruzione, al mantenimento ed all’educazione della prole.
Tra di essi, naturalmente, non deve sussistere separazione personale, neppure di fatto o in corso di causa.
Per quanto riguarda l’età dei richiedenti, questa deve essere superiore di almeno diciotto e non più di quarantacinque anni per un coniuge e cinquantacinque per l’altro, rispetto all’adottando.
La verifica dei requisiti etico-morali e sociali, viene effettuata dal Tribunale tramite l’ausilio dei servizi sociali ed enti locali preposti, con degli incontri programmati al fine di valutare l’idoneità degli istanti ad avviare la procedura.
In particolare vengono esaminati la situazione economico-familiare, lo stato di salute della coppia e le motivazione che li hanno portati a presentare la domanda.
Ove tutti i requisiti richiesti siano giudicati positivamente dal Tribunale, verrà emesso il decreto d’idoneità ad adottare e la procedura potrà proseguire.
La domanda di adozione o meglio, la dichiarazione di disponibilità ad adottare, può essere presentata presso le cancellerie del Tribunale per i Minori competente, ha una validità di tre anni, rinnovabile alla scadenza.
Con la domanda va altresì depositata la necessaria documentazione:
1) fotocopia del documento d’identità degli istanti;
2) certificati di nascita degli istanti;
3) certificato di residenza degli istanti;
4) certificato di matrimonio;
5) dichiarazione sostitutiva da parte dei coniugi che non vi è separazione di fatto, né che pende giudizio di separazione;
6) dichiarazione di assenso da parte dei genitori dei coniugi (o certificato di morte);
7) certificato medico di base;
8) certificati economici mod.101, mod.740 o busta paga;
9) certificato del Casellario giudiziale degli istanti.
Una volta conclusasi positivamente la valutazione dei requisiti dei richiedenti, il Tribunale per i Minori proporrà un abbinamento con uno dei minori dichiarati in stato di adottabilità, ritenuto adatto.
Seguiranno dunque dei graduali incontri con gli aspiranti genitori, coadiuvati dai servizi socio-assistenziali, presso l’istituto o l’ente che ospita il bambino, superati i quali verrà concesso l’affidamento preadottivo disposto dal Tribunale con ordinanza.
Questo primo periodo, che ha solitamente la durata di un anno, ha lo scopo di inserire gradualmente il minore nel nuovo nucleo familiare e permettergli di meglio assorbire il cambiamento.
Sarà competenza del Tribunale, durante il preaffido, provvedere ai necessari controlli sul suo buon andamento.
Una volta terminato con successo il preaffidamento, previa relazione stilata dai servizi sociali e dal tutore del minore, verrà pronunciata la definitiva adozione nella nuova famiglia; da questo momento in poi, una volta attuate le dovute trascrizioni allo stato civile, il bambino sarà a tutti gli effetti figlio legittimo dei neo-genitori.